Abel Tasman, un nome una garanzia per questo esploratore olandese del XVII secolo che fu il primo europeo a raggiungere alcune delle isole più belle al mondo tra cui Tasman,la Nuova Zelanda e le isole Fiji.
Sicuri quindi della bellezza di questo famoso parco nazionale, il più piccolo della Nuova Zelanda, siamo partiti a piedi per qualche giorno lungo questo trekking sul mare, una sorta di ‘Selvaggio Blu’ agli antipodi, senza però la necessità di dover portare corda ed imbrago.
Nello zaino una tenda leggera, un sacco a pelo estivo, un fornello e qualche cosa da mangiare, oltre al costume e al repellente, vista l’esperienza della settimana scorsa nella West Coast.
In tasca teniamo una copia della ricevuta di pagamento per il campeggio dove andremo a dormire, perché come ogni trekking in Nuova Zelanda, è necessario prenotare in anticipo il posto tenda o la branda nelle ‘hutt’ prima di partire.
Questa volta dormiremo a Watering Cove, un paio d’ore di cammino da Marahu, il nostro punto di partenza , in un mini campeggio con soli 5 posti tenda, 10 persone al massimo, a qualche metro dalla spiaggia.
Tutte le altre zone erano già sold out.
Perché?
Perché appena partiamo si capisce da subito che questo trekking è diverso dagli altri sia per la difficoltà tecnica, mediamente bassa, ma soprattutto perché il panorama sulle spiagge e sul mare è da subito ‘amazing’ :una serie di spiagge sabbiose si alternano a piccole baie con acqua color smeraldo mentre sugli scogli alcune foche sono appisolate a prendere il sole prima di tornare in mare.
Il trekking dura da 3 a 5 giorni, noi ne faremo due 1/2 per testare il ginocchio di Paola e vedere come si comporta, soprattutto in previsione del lungo viaggio che ci aspetta in nordamerica.
Per il rientro nessun problema, abbiamo optato per il watertaxi, così da poter vedere tutte quelle zone che non vedremo camminando sul sentiero.
L’altra opzione poteva essere quella di affittare un kayak doppio per alcuni giorni, ma essendo montanari provetti e non navigatori affermati, abbiamo optato per il classico trekking.
Dopo 5 ore di sudore e cammino siamo finalmente giunti alla piccola baia dove dormiremo.
C’è solo una tendina piazzata e così riusciamo a sistemarci fronte mare prima che gli altri ospiti, armati di pagaie e kayak, arrivino a completare le altre piazzole.
Mai avremmo pensato di piazzare la nostra tendina monotelo da spedizione ( portata in giro per il mondo da Hervè Barmasse prima di far parte della nostra attrezzatura) in un posto così caraibico con sabbia dorata a qualche metro dal mare…d’altronde come recita il brand: #neverstopexploring ( o meglio come recita il nostro amato Polverelli #bisognasempreandareavedere )
L’alta marea sale veloce ma abbiamo ancora margine per passare la notte.
A destra scorgo una roccia fiochissima, sembra un elefantino con la proboscide in acqua, tipo la roccia di Castelsardo, ma per fotografare al meglio dovrò aspettare ancora qualche ora che l’alta marea raggiunga il suo apice.
Detto fatto, sono le 21.53 mi ritrovo appollaiato dietro ad un sasso in bilico col cavalletto per ottenere l’effetto elefantino quando noto una piccola sagoma scura muoversi goffamente sulla mia sinistra a circa 5 metri.
Mi giro d’istinto e punto la frontale sulla piccola sagoma scura.
SBAM!Non ci credo, un pinguino!!!
Il famoso pinguino che mancava alla wishlist era li dietro di me che goffamente cercava di fuggire alla luce della mia frontale nascondendosi sotto ad un sasso.
Corro a svegliare Peo che stava già imbozzolata nella tenda e le dico di venire di corsa che c’è una sorpresa che l’aspetta.
Mentre tutti gli altri dormono, noi passiamo i successivi 10 minuti in silenzio ad osservare il pinguino di Tasman come fosse un alieno, anche se ce lo aspettavamo più grande è veramente fico!!!
e così alla fine il buon spirito maori ci ha premiato.
La mattina dopo rimpacchettiamo tutto e partiamo con l’idea di arrivare a Awaroa Hut ma ben presto l’umido più la caldazza combinati ad un ginocchio non proprio al 100% , ci obbligano ad uno stop prima, Bark Bay, per non rischiare di arrivare tardi e perdere il watertaxi al ritorno.
Pazienza, passeremo un po di ore su questa spiaggia infinita in attesa della nostra barca, che puntuale come gli orari di lavoro quaggiù, ci riporta in fretta dal nostro furgone dove ci aspetta un ottimo caffè.
Il giorno dopo ci sposteremo per un paio di giorni a scalare nel mitico campeggio di Hangdog, a Takaka, un mix di fricchettone-punk, ovviamente cult, per tutti i climbers che vogliono scalare sulla famosa arenaria di Pohara, un mix tra la Pietra di Bismantova e le protezioni chilometriche di Buoux e Ceuse.
Anche qui lasceremo il segno, oltre che con i locals, anche con la nostra firma sul Wall of Fame, ovvero il muro del bagno, luogo sacro da cui, top climber e non, sono prima o poi passati.
P.S da non perdere assolutamente la toilette sull’albero, costruita sul ceppo enorme di quella che una volta era una pianta gigante.
Luigi e Cristina
invidia alla 10a potenza, un abbraccione