Dopo 23 ore abbondanti incastrati dentro a questo bus, arriviamo finalmente a destinazione, in pieno centro a Santiago del Cile.
Non ci sembra neanche vero di essere arrivati fin quaggiù.
Dal terminal la vista spazia subito sulle montagne alle spalle della città, tutte quante imbiancate nonostante la temperatura che ci accoglie sia abbastanza primaverile più che invernale.
Sicuramente meglio di tutto il freddo che abbiamo preso durante il tour nel Salar de Uyuni.
In poco tempo scarichiamo i soliti 96 kg di bagagli e troviamo facilmente un taxi per arrivare nel dogntown della città, dove abbiamo affittato casa.
L’idea è quella di fare campo base qui per 4 giorni, giusto il tempo di ritirare il furgoncino simil giapponese preso a noleggio, costruire il letto e la cucina, salutare Mane, Cristian e la piccola Antonia, i nostri amici cileni che non vediamo dal lontano 2010, per poi iniziare a viaggiare verso sud, senza un programma preciso, seguendo il mood del viaggio come abbiamo fatto finora, ma solo con l’idea di seguire le perturbazioni lungo i vulcani cileni ed argentini per poi arrivare dopo 3500 km ad Ushuaia, la città più a sud del mondo.
Per fare tutto questo abbiamo circa due mesi, sul calendario paiono come infiniti, nella realtà invece sono il minimo indispensabile per un viaggio ambizioso come questo.
E così visitati i nostri amici e fatto un paio di giri turistici per Santiago, ritiriamo il nostro mezzo, un furgoncino cinese con motore 1200 a trazione posteriore ribrandizzato da Chevrolet per il mercato sudamericano.
A prima vista ci sembra ancora più piccolo di quello che pensavamo 🙂
Tuttavia con un progetto accurato, d’altronde Teo è l’architetto, riusciamo a costruire un letto estraibile e un mini tavolino ad uso cucina che alla fine si sono rivelati abbastanza funzionali nonostante l’enorme quantità di bagagli che trasportavano.
Il nome di battaglia per questo mezzo da scorribanda latina sarà ‘El Che Pequeno’.
Terminato di assemblare il tutto alla luce delle frontali e lampade al neon nel garage del condominio sotto gli occhi stupefatti dei custodi e dei vicini, facciamo una bella spesa per essere autonomi un paio di giorni e una volta guardate le previsioni meteo, decidiamo di puntare dritti verso il resort di Valle Nevado, a qualche ora da Santiago, dove pare che l’indomani il tempo volga al bello.
Inutile dire che in realtà l’avvicinamento si è rivelato come vero test drive per il nostro Che Pequeno, che nonostante fosse equipaggiato con gomme normali e a trazione posteriore, grazie alle catene ha superato con successo i 35 cm di neve fresca appena caduti sulle ripide strade che salgono fino ai 3600m di Vale Nevado.
Arriviamo così solitari in piena notte al piazzale degli impianti dove ovviamente non troviamo anima viva a causa della tempesta di neve. La temperatura è molto bassa, intorno ai -10, e così ci imbacucchiamo completamente nei sacchi a pelo per questa prima notte cilena.
La mattina finalmente arriva a scaldarci un po per una colazione veloce, d’altronde la polvere mica aspetta, soprattutto qui al sud dove, reduci dalle ultime scorribande sul cemento e ghiaccio boliviano, passiamo la nostra prima giornata a tritare tutto quello che ci si para davanti, sassi compresi.
Come inizio ci pare subito ottimo.
Il giorno seguente scendiamo verso sud, dove la perturbazione continua insistente.
Arriviamo alla Termas de Chillan durante una vera e propria tempesta di neve, impossibile uscire.
L’ultima volta che siamo stati qui era nel 2010 e adesso ci sono un sacco di cabana in più lungo la strada, a testimonianza che il turismo è cresciuto parecchio in Cile e attualmente la sua economia risulta tra le più stabili di tutto il Sudamerica.
Qui abbiamo dato appuntamento a Laura, Francesco, Romina e Paolo, 4 amici che non sapendo dove andare in ferie quest’anno, con la scusa di raggiungergi, hanno deciso di venire a sciare in Cile.
E così dopo parecchio tempo dall’ultima volta, ci ritroviamo tutti seduti in un bar di Chillan per bere un the bollente, mentre fuori nevica e tira vento.
Finalmente dopo 2 mesi incontriamo di nuovo un pezzo di italia in giro per il mondo.
Nei giorni successivi il tempo migliora e così sciamo tutti insieme alcuni tra i vulcani più di questa zona : il Nevado de Chillan, l’Antuco , il classico Villarica e poi il Llaima.
Su quest’ultimo però ci siamo dovuti arrendere a 10 metri dalla cumbre perché il vento soffiava talmente forte, almeno 130kmh, che nonostante piccozza e ramponi ai piedi, si rischiava di volare direttamente dentro al cratere.
Ormai è giunto il momento di salutare i nostri amici cuneesi, il tempo passa così veloce che tutto il gruppo deve già rientrare in Italia….ciao ragazzi, grazie mille per l’allegra compagnia che ci avete portato in questa nostra avventura!
E così mentre loro ritornano a nord, noi continuiamo a rotolare verso sud.
Quest’anno anche in Cile, come già avvenuto quando eravamo in America del nord lo scorso inverno, la neve continua a cadere e le temperature rimangono più fredde della media.
Le previsioni per le prossime due settimane non ci danno molta speranza, d’altronde qui è così, da una parte l’Oceano Pacifico e dall’altra le montagne, ogni minima nuvola che arriva, viene intrappolata sul lato ovest.
Allora decidiamo che è giunto il tempo di continuare a viaggiare verso la fin del mundo senza perdere inutilmente giorni preziosi, perché da qui a Ushuaia ci sono ancora 2500 km abbondanti e le strade, specialmente la ruta 40, con lunghi tratti di ripio , non sono comode come quelle nordamericane.
E così superata la frontiera argentina senza grossi problemi, dopo un paio di ore di viaggio nella stupenda zona dei laghi, arriviamo a Bariloche.
Nel lontano 2007 Peo è venuta qui a fare la stagione come maestra di sci;da allora di tempo ne è passato e a gran sorpresa scopriamo che anche la scuola di sci dove lavorava non esiste più, al suo posto ce ne è un’altra.
Quello invece che quest’anno non manca è la neve, a detta di Santi, un amico di DPS, sono 10 anni che non hanno un inverno bello come questo, per cui siamo capitati al momento giusto nel posto giusto.
Così carichi e gasati da questa notizia, saliamo con le pelli al rifugio Frey, un piccolo rifugio ormai diventato un’icona del luogo grazie ad alcune produzioni video di sci e snowboard che qui hanno ambientato i loro episodi in questi ultimi anni.
Al rifugio ci aspetta Jorge, un amico di Peo, insieme passeremo i giorni successivi a tracciare i vari canali e a ridere e mangiare l’asado (la tipica carne alla brace argentina) questa volta sotto alla luna piena.
Questo posto è veramente magico, un insieme di canali sormontati da guglie di granito rosso, per un attimo sembra di essere quasi a Chamonix.
La neve ha risentito un po del vento e sui versanti a sud inizia a scaldare, ma andando a cercarla, si trovano facilmente ancora delle linee intonse; dopo qualche giorno di bello ritorna prepotente il vento e il brutto tempo.
Questo per noi significa una sola cosa: continuare verso sud.
Per arrivare via terra ad Ushuaia ci sono varie possibilità e combinazioni di strade, tra queste scegliamo di viaggiare lungo la mitica Ruta 40, una strada di quasi 5000 km che costeggia alcuni dei paesaggi più maestosi del sudamerica, a tratti asfaltata e a tratti sterrata.
Dopo alcuni giorni di puro viaggio attraverso boschi, laghi e deserti, raggiungiamo finalmente El Chalten, un piccolo paese sperduto nella pampa argentina, la porta di accesso alla Patagonia verticale, quella del parco del Cerro Torre e del Fitz Roy.
Arriviamo qui di notte con la luna quasi piena e le montagne che emergono sullo sfondo, uno spettacolo surreale.
In paese abbiamo appuntamento con un amico, il mitico Paolino Marazzi, che da svariate settimane insieme ai suoi soci di spedizione, aspetta una finestra di bel tempo per riuscire ad andare a tentare il loro progetto.
L’attesa risulterà vana.
Il vento e il brutto tempo qui son di casa, decidiamo quindi di fare i turisti nel parco e viste le condizioni meteo, andremo a fare due passi dentro il parco per scattare un po di foto.
La sera salutiamo il Paolino di rientro da un giro di ripiego sul Cerro Solo e così ripartiamo: destinazione il ghiacciaio Perito Moreno, uno degli unici ghiacciai in crescita, sicuramente uno dei posti più belli da visitare.
In Patagonia, soprattutto in inverno,le condizioni sono molto variabili e le perturbazioni si susseguono una dietro l’altra.
Il vento forte qui è sempre una costante e durante la guida, oltre alle buche, bisogna fare molta attenzione anche alle raffiche più forti che tendono a deviare improvvisamente il nostro furgoncino e rischiano di farci ribaltare nel fosso.
Dopo due giorni raggiungiamo finalmente la cittadina di El Calafate e il ghiacciaio Perito Moreno, un vero capolavoro della natura.
No words.
Riprendiamo a viaggiare lungo quel che resta della Ruta 40 per poi arrivare sulla più comoda Ruta 5.
A breve dovremo attraversare di nuovo la frontiera con il Cile e successivamente navigare sullo Stretto di Magellano, ultimo porto della Patagonia, qui finisce il continente sudamericano.
Purtroppo la non delicatezza durante l’ispezione di un funzionario della dogana, in cerca di pericolosissima frutta e verdura, ci regala un tablet rotto, motivo per cui gli aggiornamenti sul sito e su Facebook sono arrivati in ritardo.
Di questo ce ne accorgeremo solo due ore dopo la perquisizione, quindi non abbiamo potuto far altro che sporgere reclamo al ritorno senza però ottenere nulla.
Arriviamo al pontile sullo stretto giusto in tempo per prendere uno degli ultimi traghetti notturni.
Oggi la corrente del mare è molto forte e le barche fanno un tragitto cercando riparo dalle correnti più forti.
Quaranta minuti dopo sbarchiamo finalmente sulla Terra del Fuoco, è tardi e siamo stanchi, parcheggiamo il furgone in uno spiazzo, questa notte la passeremo qui.
Il giorno seguente con un cielo blu e il sole splendente attraversiamo nuovamente il confine argentino, altro timbro sul passaporto, altro controllo doganale.
A quanto pare Argentina e Cile con queste perquisizioni cercano di combattere l’arrivo di insetti che, nascosti nel cibo, potrebbero arrecare danno alle relative colture.
Peccato però che ci pare sia solo un pretesto di pura matrice nazionalista, dal momento che i confini sono attraversati liberamente da animali e uccelli, i mezzi sono sporchi di ipotetica terra contaminata, e quant’altro.
In ogni caso ogni volta dobbiamo aprire e svuotare la macchina per confermare l’assenza di verdure crude, carne, insaccati, derivati animali (latte, uova, etc) così ogni volta siamo costretti a centellinare il cibo durante la spesa,pena la multa e cosa ancora più fastidiosa il fatto di buttare nell’immondizia tutto ciò che risulta illegale.
Finalmente passiamo anche questa frontiera, sarà l’ultima del viaggio di andata.
Il paesaggio è abbastanza monotono, una successione continua di pampa, estancias e qualche branco di guanaco lungo la Ruta 3.
Per la notte ci fermiamo a Lago Escondido, vogliamo arrivare a Ushuaia in mattinata e non di notte la buio, così da vedere quel panorama che più volte abbiamo visto solo in cartolina.
La mattina come sempre ci accoglie vento forte e superato il Passo Garibaldi, arriviamo finalmente ad Ushuaia, la città più a sud del mondo.
Arrivati in paese veniamo accolti da un mix di felicità e tristezza:
Felicità per avercela fatta a concludere il viaggio e a terminare alla grande il progetto skilovers e tristezza perché ognuno in cuor suo, sa già che anche questa avventura lunga un intero anno, sta per concludersi.
Dopo 12 mesi vissuti insieme in furgone, camper o in tenda, decine e decine di migliaia di chilometri percorsi siamo arrivati al capolinea, quasi increduli.
Ora però è tempo di andare a sciare e così nei giorni successivi tra una classica bufera e l’altra, riusciamo anche a farci due curve sulle bellissime montagne intorno Ushuaia.
Il Canale Beagle ci ricorda un po i fiordi della Norvegia.
Un paio di grosse navi sono ormeggiate al porto, quando è alta stagione,da qui partono le navi per l’Antartide.
L’idea di continuare ancora verso il polo sud ci assale per un attimo ma una volta consultati orari e partenze, ma soprattutto i prezzi troppo proibitivi, decidiamo che magari, sarà per la prossima volta.
Intanto il tempo vola come i chilometri fatti e così una volta fatto un buon check in al motore e sistemate le nostre cose, siamo pronti per tornare a Santiago.
Nelle due settimane successive riusciamo tra una perturbazione e l’altra a metterci in tasca alcuni dei vulcani più grandi della zona come il Tronador e il Lanin dal lato argentino e soprattutto a centrare il vulcano Puyehue che nel 2010 nonostante 4 giorni di tentativi con pioggia non si era manco fatto vedere .
Questa volta ci regala una giornata perfetta per una sciata memorabile dentro il suo cratere largo due chilometri.
Con questa immagine nella testa sto terminando di scrivere questo post.
Da poco siamo rientrati a casa nella solita routine.
Non è stato facile riadattarsi a tutta la frenesia italiana e sicuramente non lo sarà, la testa vaga su altri progetti e viaggi.
Sicuramente ripartiremo, per dove ancora non si sa.
Intanto abbiamo da sistemare svariati terabyte di foto e video, il prossimo step sarà un coffee book fotografico e un video sul nostro sogno.
Intanto aspettiamo la neve, l’inverno sta arrivando.
Stay tuned
Teo y Peo
luigi sandri
grazie per averci fatto vivere con voi questo bellissimo viaggio. Un forte abbraccio